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ELEVATI COMPENSI A TERZI – SCATTA L’IRAP PER IL PROFESSIONISTA


Versamento dell’Irap per il professionista che, con riferimento a prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi, a nulla rilevando il mancato impiego di personale dipendente.
A confermarlo, la Corte di cassazione con la sentenza n. 12287 del 12 giugno 2015.

 

Il fatto

Un contribuente, esercente l’attività di perito edile, presentava all’Agenzia delle Entrate istanza di rimborso dell’Irap precedentemente versata, sostenendo la mancanza del presupposto impositivo in quanto la sua attività professionale veniva svolta in assenza di autonoma organizzazione.

All’istanza, l’Amministrazione finanziaria opponeva il silenzio-rifiuto, che veniva impugnato dal contribuente. Quest’ultimo, in primo e in secondo grado, vedeva accolte le proprie ragioni.
In particolare, i giudici d’appello, aderendo all’orientamento giurisprudenziale in base al quale non è assoggettabile a Irap l’attività di lavoro autonomo esercitata in assenza di autonoma organizzazione, senza personale dipendente e mediante l’utilizzo di modesti beni strumentali, hanno sostenuto che nel caso concreto il contribuente aveva congruamente documentato “attraverso la dichiarazione dei redditi ed il registro dei beni ammortizzabili, l’assenza di dipendenti o collaboratori con vincolo di rapporto di lavoro continuativo e la presenza di beni di non rilevante entità”, dimostrando l’inesistenza di un’organizzazione “autonoma e diversa dalla propria prestazione professionale”.Stante la dimostrata assenza del presupposto impositivo, quindi, il contribuente aveva indebitamente versato l’Irap, con conseguente diritto al rimborso.

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, articolato in un unico motivo, denunciando l’insufficiente motivazione, exarticolo 360 n. 5 cpc, su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, costituito dall’assenza nel caso di specie di elementi utili a giustificare l’applicazione dell’Irap.
In particolare, l’amministrazione ricorrente lamentava la mancata valutazione, da parte del giudice di appello, degli elevati compensi che il contribuente aveva erogato a terzi per remunerare prestazioni direttamente afferenti la propria attività professionale; compensi che, peraltro, risultavano esposti chiaramente nel quadro RE della dichiarazione dei redditi.
I giudici di legittimità hanno ritenuto fondata la censura proposta dall’Agenzia delle Entrate, accogliendone il ricorso.

In proposito alla questione dell’impiego non occasionale di lavoro altrui, condizione in presenza della quale deve riconoscersi l’esistenza di un’autonoma organizzazione ai fini Irap, la Corte ha richiamato la propria giurisprudenza secondo la quale è soggetto all’imposta il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi. Non rileva, in questo caso, il mancato impiego da parte del professionista di personale dipendente.

Vale, quindi, il principio secondo il quale l’impiego non occasionale di lavoro altrui, ai fini Irap, sussiste se il professionista eroga elevati compensi a terzi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioè, il ricorso a lavoratori dipendenti, ad una società di servizi o ad un’associazione professionale.

Sulla scorta di quanto sopra, la Cassazione ha ritenuto che, nel caso di specie, i giudici di appello, discostandosi dalle richiamate pronunce, non hanno adeguatamente valutato la significativa consistenza dei compensi erogati a terzi dal contribuente nel corso dei periodi d’imposta contestati. L’attività da quest’ultimo esercitata, quindi, si può configurare come autonomamente organizzata e, pertanto, soggetta al versamento dell’Irap per il professionista.
Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, quindi, è stato accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio per un nuovo esame ad altra sezione della Commissione tributaria regionale.